A cura dell’Avv.Vincenzo Fedele
Il termine stalking è un termine utilizzato per indicare una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo, detto stalker, che affliggono un’altra persona, perseguitandola, generandole stati di paura e ansia ed arrivando persino ad impedire e/o limitare lo svolgimento della normale vita quotidiana.
Il termine stalking, e quindi stalker, deriva dal verbo inglese to stalk, ossia “camminare con circospezione”, “camminare furtivamente”, “colui che cammina in modo furtivo” oppure nel significato più indicante anche il “cacciatore in agguato” oppure “fare la posta”.
Tale delitto è previsto e punito dall’art.612 bis c.p., il quale recita:”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”
Detta ipotesi delittuosa è stata inserita nel codice penale al fine di fornire tutela in tutte le ipotesi in cui
le condotte di minaccia o molestia si presentino in modo reiterato e siano lesive della libertà psichica e morale del soggetto. La ratio della norma, dunque, è quella di colmare la lacuna di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di minaccia, molestie e violenza privata di fornire un’adeguata risposta repressiva al peculiare profilo criminologico di colui che pone in essere consimili atteggiamenti in maniera seriale. L’articolo 612 bis c.p. rappresenta una delle novità più significative introdotte con il Decreto Legge 23.2.2009, numero 11, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”. A questo punto, entrando nel merito del reato, occorre osservare che la condotta dell’agente consiste nel minacciare o molestare in modo continuato la vittima. Bisogna però differenziare tali circostanze, laddove la minaccia si caratterizza come la prospettazione di un male ingiusto, mentre la molestia è quel comportamento che determina un’intrusione nella sfera psichica altrui, con conseguente compromissione della tranquillità personale e della libertà morale della vittima.Per la configurazione dello stalking è necessaria la realizzazione di eventi alternativi, ognuno dei quali, idoneo ad integrarlo; secondo un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte di Cassazione, non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, ma è sufficiente che la condotta incriminata induca nella
vittima uno stato d’ansia e di timore per la propria incolumità. L’elemento psicologico richiesto per l’operatività del reato in questione è il dolo generico, inteso come la coscienza e la volontà dell’agente di porre in essere reiterate condotte assillanti, inclusa la consapevolezza della loro rilevanza causale nei confronti di uno degli eventi previsti dalla stessa norma incriminatrice, quali effetti delle azioni moleste. Quanto al regime di procedibilità della fattispecie in questione, la norma richiede la querela della persona offesa, con l’eccezione delle ipotesi in cui il reato sia commesso ai danni di un minore o di un disabile, ovvero quando il fatto sia connesso con altro delitto procedibile d’ufficio, ovvero ancora quando sia commesso da soggetto precedentemente ammonito. Il termine per la presentazione della querela è di sei mesi, analogamente a quanto previsto per i reati sessuali dall’art. 609-septies cod. pen.; diversamente da questi, tuttavia, la querela può essere rimessa processualmente. Tra i vari tipi di delitto di stalking, è importante delineare la figura delittuosa del cd. “stalking condominiale”, cioè quel reato commesso da chi assume comportamenti molesti e persecutori nei confronti dei vicini, tanto da ingenerare in loro un grave e perdurante stato di ansia, frustrazione e paura per sé o per i propri familiari così da costringerli a cambiare le proprie abitudini di vita.La figura dello stalking condominiale, invece, è ancora in fase di assorbimento e non è ancora stato definito come reato tipico, laddove non si presenta come un’ipotesi speciale espressamente codificata dal legislatore, bensì rappresenta il frutto di applicazione giurisprudenziale. La Corte di Cassazione si è pronunciata estendendo ufficialmente l’ambito di applicazione dell’art. 612 bis c.p. anche al contesto condominiale.Nel caso di specie, un condomino poneva in essere atti persecutori nei confronti delle donne che abitavano all’interno del proprio condominio, pedinandole e braccandole nell’ascensore e minacciandole di morte e insultandole in vario modo. L’imputato è stato condannato per il reato di stalking ai danni dell’intero genere femminile residente nel condominio, in quanto, benché vittime dirette degli atti persecutori fossero state solo alcune donne, il suo comportamento generava nelle altre paure e stati d’ansia per l’eventualità di incontrare l’aggressore nell’edificio
(Cass.Pen.sez.V 25 maggio 2011 n.20895).
Lo stalking condominiale è quindi diventata figura di reato che proviene dall’art.612 bis c.p. con l’estensione
del campo di applicazione del reato di atti persecutori anche in contesti diversi da quelli inerenti solo la sfera affettiva. Con un’altra pronuncia la Corte ha ribadito che il reato di stalking condominiale scatta anche quando un soggetto tiene nei confronti dei propri condomini un comportamento esasperante, tale da cagionare il perdurante stato di ansia della vittima e costringendola a modificare le proprie abitudini di vita (Cass.Pen.sez.V 28 giugno 2016 n. 26878).Un quesito recente, posto all’attenzione della Corte di Cassazione
ha avuto ad oggetto l’ipotesi di stalking condominiale configurato a seguito di video riprese, ritraenti i vicini
di casa. Il condomino minacciato infatti assumeva un investigatore che ha puntualmente ripreso le condotte dei persecutori. Legittima è stata considerata l’acquisizione dei dvd prodotti, poiché gli episodi si sono realizzati in luoghi aperti al pubblico e dal sonoro e dalle immagini registrate è emersa la verità dei fatti così come narrata dalla persona offesa. La questione riguardava due coniugi, accusati di aver commesso atti persecutori ai danni di un loro vicino e di aver tenuto condotte intimidatorie ai danni dello stesso. La persona offesa, continuamente ingiuriata e minacciata, temeva per la propria incolumità, anche a seguito di alcuni episodi dove i vicini avevano tentato di investirlo con l’auto. Tali condotte, protrattesi per quasi due anni, hanno ingenerato nella vittima un grave stato d’ansia, paura e fondato timore per la propria persona. La Corte nel caso in esame, ha rigettato il ricorso sollevato da due coniugi, imputati per il reato di atti persecutori ai danni di un vicino di casa.
IL condomino minacciato assumeva un investigatore per riprendere le condotte dei persecutori. Sulla questione della illegittimità di tali riprese video commissionate dalla persona offesa all’ investigatore e addotta dagli imputati, la Corte di Cassazione ribadisce quanto deciso dalla Sezioni Unite: “le videoregistrazioni in luoghi privati ovvero aperti ed esposti al pubblico, non effettuate nell’ambito di un procedimento penale, vanno incluse nella categoria del “documenti” di cui all’art 234 cod. proc. pen., mentre, se eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d’iniziativa, vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen. e, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo del dibattimento.”(Cass.Pen.sez.V 08 giugno 2020 n.17346).Lo stalking condominiale può essere dunque considerato come nuova fattispecie di stalking che ha trovato conferma sul piano giuridico. Tale reato non opera quando sussiste una semplice “lite condominiale”ma quando esistono atti persecutori capaci di condizionare negativamente la vita della vittima. Si può quindi affermare che l’applicazione estensiva operata dalla Corte, negli ultimi anni, dello stalking al contesto condominiale, permette di garantire un efficace tutela anche per tutti coloro che in via indiretta subiscono un turbamento alla propria tranquillità domestica e sono costretti ad alterare il proprio modus vivendi.
Tale reato deve essere provato dimostrando che:
1)Gli atti molesti ricevuti sono di tipo persecutorio;
2)Gli atti sono reiterati nel tempo;
3)I comportamenti causano danni di tipo psico-fisico;
4)Esiste un nesso causale fra il danno e l’atto persecutorio perpetrato dallo stalker.
Successivamente altra giurisprudenza recentissima, più precisamente una giurisprudenza di legittimità,
ha delineato la configurabilità del cd. stalking condominiale, statuendo che il delitto di stalking condominiale è un delitto che non è a forma vincolata e non richieda un minimo di atti per la sua configurazione, ben potendo consumarsi anche in una sola giornata, non contenendo al suo interno il requisito della abitualità
(essendo, invece, eventualmente abituale)», potendo integrare il reato «anche due sole condotte tra quelle descritte dall’art. 612-bis c.p. ed essendo il reato configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto (a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di sia la causa di uno degli eventi considerati dalla norma)».L’essenza dell’incriminazione – proseguono i giudici – «si coglie non già nello spettro degli atti considerati tipici, bensì nella loro reiterazione (elemento che li cementa): è, dunque, l’atteggiamento persecutorio ad assumere specifica autonoma offensività ed è alla condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità, anche sotto il profilo
della produzione dell’evento richiesto per la sussistenza del reato. Per quanto riguarda la prova del cambiamento delle abitudini di vita, secondo la Corte di Appello «occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate». Ne consegue – con specifico riferimento allo stalking condominiale – che ai fini della prova del cambiamento delle abitudini di vita potrà assumere rilievo il fatto «che la vittima abbia cercato, in tutti i modi, di evitare di incontrare l’imputato modificando i propri orari di entrata e uscita da casa e cercando di abitarvi il meno possibile. Quanto, infine, allo stato di ansia o di paura, esso può essere ricavato dalla particolare natura degli atti subiti oltre che – come accaduto nel caso concreto – dal «gravissimo contenuto delle minacce di morte qualora siano oggettivamente idonee a creare allarme e preoccupazione in ogni soggetto»(Corte d’Appello di Milano, sez. I, 09 giugno 2022 n.4256). In questo caso la vittima entro sei mesi da quando si è verificato l’ultimo atto persecutorio ha il diritto di procedere con denuncia- querela presso le autorità competenti, precisando che il termine di sei mesi è raddoppiato rispetto ai tre mesi prescritti dalla legge come termine finale per spiegare denuncia-querela per il delitto p.e.p. dall’art.612 bis c.p., nella fattispecie “stalking condominiale”.
Articolo a cura dell’Avv.Vincenzo Fedele
Articolo a cura dell’Avv.Vincenzo Fedele